Redazionale

Cari genitori, sicuramente in questi mesi sarete stati alle prese con il caos originato dall’approvazione della legge sui dispositivi antiabbandono per bambini in auto. Parleremo meglio di questa nuova norma nell’articolo dedicato all’argomento, ma adesso vorrei andare oltre gli aspetti più tecnici di questo provvedimento, che ha aperto un dibattito online con alcuni interessanti spunti di riflessione che vorrei condividere con voi.

Uno dei post in cui mi sono imbattuta più spesso, tra facebook e instagram, vedeva nell’entrata in vigore della legge il fallimento della società di oggi. Giudicava inutile una norma che non fa niente per correggere le storture di un modello di vita che non è compatibile con l’avere dei bambini e che ci spinge a correre, a produrre, a districarci fra mille impegni e responsabilità, forse troppe. Un’opinione che in parte condivido, anche se credo che una rivoluzione di tale portata purtroppo necessiti di anni per essere attuata pienamente, quindi se nel frattempo un dispositivo elettronico può salvare delle vite, che ben venga. Ciò non toglie che si tratta di una rivoluzione che non dovremmo smettere di chiedere: che porti ad orari di lavoro più umani, congedi di maternità e paternità più lunghi, che garantisca supporto psicologico a chi ne ha bisogno.

Ma niente di tutto questo può realizzarsi se i genitori continuano a “farsi la guerra” tra di loro. Mi sono accorta infatti che quando online si discute di qualsiasi cosa riguardi la crescita e l’educazione dei figli, si scatenano spesso veri e propri scontri tra fazioni, per lo più costituite da madri che si scagliano l’una contro l’altra per i più svariati argomenti: per chi allatta per “troppo” tempo o “troppo poco”, per chi resta a casa e chi lavora, per chi opta per lo svezzamento tradizionale e chi per l’autosvezzamento. La lista potrebbe continuare all’infinito. Parole dure, giudizi, a volte addirittura insulti.

Non si comprende che esistono infiniti modi di essere madre, che ciascun bambino è unico e ciò che va bene per uno, spesso non funziona con l’altro; che le scelte a volte sono sofferte e quasi obbligate; che l’essere genitore non è una scienza esatta e che ciascuno cerca di fare del suo meglio.

Vi invito quindi a usare i social per fare rete, per sostenerci e cercare di comprendere i punti di vista altrui, ma senza giudicare, biasimare o insultare. Solo uniti riusciremo a vincere le battaglie genitoriali che la vita di oggi ci impone e che, non dimentichiamo, non possono essere combattute soltanto dietro uno schermo e con una tastiera.